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Donne e vino? Intervista a Donatella Cinelli Colombini

Donatella Cinelli Colombini

Ci siamo chiesti quale sia il punto di vista femminile sul mondo del vino, che cosa si veda e cosa si sogni dalla prima linea di quella specifica prospettiva. Per farlo, abbiamo avuto l’onore di intervistare Donatella Cinelli Colombini, Presidente dell’Associazione Donne del vino e grande imprenditrice, nel senso più ampio e più inventivo del termine.

Siamo lieti di avere intervistato Donatella Cinelli Colombini, per capire assieme quale sia il punto sulla presenza femminile nel mondo enologico.

1. Da giovani che hanno basato Sommelier Wine Box sull’idea che ‘coltura’ sia ‘cultura’, siamo convinti che non sia un caso che lei sia una storica dell’arte. In cosa si è laureata?

Studiavo le opere degli orafi medioevali, soprattutto quelle senesi. Allora gli artisti avevano pochi strumenti di trasmissione della cultura figurativa: internet del Medioevo erano miniature, avori, piccoli dipinti per devozione personale e smalti. Questi ultimi sono piccole superfici metalliche incise a cesello e sbalzate: venivano colorate con paste vitree e usate in calici, croci processionali o reliquiari. I senesi erano i più bravi di tutti: lavoravano per il papa e per i re. Quando ho creato il vino dei miei sogni, il Brunello IOsonoDonatella, ho messo sulla bottiglia il disegno di un anello con il mio logo al centro, come fosse un sigillo...

2. Affiora sin da subito la sua scelta del vino, che è un ritorno alle origini se vogliamo…

Sì, nasco in una famiglia di produttori con una tradizione di almeno 400 anni. Alla fine del Cinquecento i miei antenati pagavano già le tasse per le coltivazioni nel podere Casato, dove ora ho le mie vigne di Sangiovese per il Brunello. Avere un passato così lungo alle spalle è un onore e un onere: mi ha quasi costretto a impegnarmi per ridare l’antico splendore alle due proprietà che i miei genitori mi avevano affidato. Non è stato semplice (sarebbe stato più facile scegliere dove e come investire!), ma ne è valsa la pena. Forse dal cielo mi guardano sorridendo, e credo che mi aiutino anche.

3. Da sempre, la donna ha un ruolo importante nell’agricoltura, sin da quando questa era un’attività di sussistenza. Più tardi è grazie alle donne se tante aziende sopravvivono mentre gli uomini cercano un futuro migliore in città. E da lì le prime attività imprenditoriali a direzione femminile. Quale, la situazione oggi?

Le donne sono il 42% di chi lavora in agricoltura e il 29% delle aziende agricole sono condotte da donne. Si tratta di imprese piccole, più piccole della media nazionale, e infatti solo il 21% della SAU (superficie agricola utilizzabile) è sotto la direzione femminile. Ma le donne sono molto brave e quindi queste piccole imprese funzionano meglio di quelle dei maschietti, al punto che producono il 28% del PIL agricolo. La performance media è molto buona.

4. L’Associazione Nazionale Le Donne del Vino nasce nel 1988: le prime 800 socie sono delle vere pioniere. Ma perché oggi, a distanza di oltre trent'anni, si può ancora parlare di ‘genere’ in un settore produttivo?

Il gender gap esiste, non c’è da farsi illusioni. Nel settore pubblico la forbice della differenza salariale fra uomini è donne è del 4% ma nel privato sale al 20% e fra i liberi professionisti tocca il 38%. Le donne fanno meno carriera e accettano minori prospettive di successo professionale pur di avere più tempo per la famiglia.

Abbiamo completato un’analisi sull’accesso al credito realizzato dall’Università di Siena su un campione di socie Donne del Vino: per la prima volta si vede che il problema non è stato rilevato. È una piccola luce alla fine del tunnel perché studi analoghi su commercianti e artigiani donne hanno invece rivelato un serio problema di risorse bancarie per le imprese al femminile… ma cominciamo appunto a vedere la fine del tunnel, almeno tra le Donne del Vino.

5. Vede segnali positivi nelle nuove generazioni?

I segnali sono tanti e forti, in tutto il mondo. Crescono le donne fra le iscritte alle facoltà di agraria e enologia, crescono le donne nei corsi da sommelier e WSET, dove ormai sono il 40%. Ora si tratta di dare a queste ragazze maggiori prospettive di lavoro e carriera. Per questo le Donne del Vino hanno creato il progetto ‘FUTURE’, un portale dove le imprese del vino al femminile offrono opportunità formative alle giovani sotto i 30 anni. C’è persino una socia con base a Hong Kong che farà da tutor per un anno a 3 future export manager. Ci sono stage in vendemmia in Cile e Nuova Zelanda, la partecipazione come giurate alla Selection mondiale des vins Canada oltre ovviamente alle opportunità formative in Italia.

6. Ecco, la promozione del ruolo della donna come imprenditrice nel mondo del vino e l’accrescimento della cultura del vino sono, secondo noi, le finalità più belle della vostra Associazione. Che cosa la fa essere fiera di esserne la Presidente?

È l’aver costruito uno spirito di squadra talmente forte da andare oltre i confini nazionali. Non solo abbiamo socie attivissime ovunque, che si aiutano e si alleano per creare progetti impossibili da realizzare singolarmente, ma ora abbiamo costituito anche un network con 7 associazioni estere, dall’Australia all’Argentina, alla Germania...

7. Gli studi dicono che le aziende guidate dalle donne sono in media più aperte al pubblico. “Cantine aperte” è una sua invenzione…

Sì: è la cosa di cui vado più orgogliosa. Aver creato 'Cantine aperte' senza soldi, con la sola forza delle idee e della persuasione è stato fantastico. Quando ho iniziato, nel 1993, in Italia c’erano 25 cantine aperte al pubblico oggi sono 25.000 di cui circa 8.000 ben attrezzate per l’incoming. La consapevolezza di avere contribuito a cambiare un intero comparto economico e aver dato prospettive di sviluppo a imprese e interi territori mi scalda il cuore.

8. Quale, la donna del vino più incredibile mai conosciuta?

Incredibile no, quelle che ho incontrato sono tutte molto normali, anche quelle straordinariamente brave. Se dovessi fare un elenco sarebbe lunghissimo.

9. Da grande imprenditrice, due fattori di successo che accomunano le imprese ‘in rosa’ e due debolezze, che immagino ci siano…

I fattori di successo sono il carattere multitasking e la predisposizione a creare relazioni. Il Professor Vincenzo Russo, esperto di Neuromarketing, ci ha insegnato che l’uomo lavora per obiettivi e la donna per relazioni: l’uomo fa la vendita, la donna crea il mercato. Per le cantine italiane è determinante.

I fattori di debolezza sono la propensione a evitare ambienti conflittuali e lo scarsissimo interesse al potere. Il risultato è che le donne guidano un terzo delle cantine italiane ma nei CDA dei consorzi dei vini sono meno del 10%. Proprio non ci vogliono andare. Devono invece imparare che per avere parità opportunità professionali e di retribuzione con gli uomini bisogna contare di più.

Scappare dalla lotta per il potere o addirittura dal voto e dall’impegno politico è sbagliato.

10. È vero che i giovani oggi tornano alla terra?

Sì, anche se la vedono in un modo romantico, la realtà è più difficile.

11. Rispetto della tradizione e occhi puntati al futuro, produzione di qualità e urgenza assoluta di agire nel rispetto dell’ambiente... Quale, la sfida più grande che il mondo del vino affronta oggi?

Bisogna che la ricerca ci fornisca prodotti assolutamente ecocompatibili, come derivati da alghe, arance e simili, per combattere le malattie della vite a basso costo e in assoluto rispetto dell’ambiente. Altrimenti la coltivazione biologica o biodinamica rimarrà limitata ai sognatori o ai vini di alto costo. È necessario ridurre le emissioni, quindi puntare su motori elettrici e produrre energia con pannelli, con l’eolico o simili.

Infine c’è il problema dell’acqua, che è poca e viene sprecata troppo. Questa è la sfida più grande e più difficile.

12. E per finire ci faccia sognare: il suo vino preferito?

Dovrei dire il Brunello Prime Donne che è la bandiera dell’azienda e la rappresentazione liquida del progetto sulle pari opportunità nell’enologia. In realtà quello che mi fa battere il cuore è Cenerentola DOC Orcia, una denominazione quasi sconosciuta, nata nel 2000 fra i territori di due sorellastre più famose e ricche: il Brunello e il vino Nobile. Un vitigno autoctono abbandonato da un secolo – la Foglia tonda – e la sfida alle due sorellastre, appunto; e poi un lavoro fatto di prove, errori, coraggio e talento. Tutto questo ci ha portato a ottenere punteggi di 93/100 e il successo internazionale. Ora sull’etichetta di Cenerentola c’è una corona perché ha letteralmente accalappiato il suo principe... ma che avventura!

Ho da poco avviato il meeting fra i produttori di Foglia tonda di tutta la Toscana e ora si può dire che è un vitigno di tendenza. Anche questo è un successo!

Se hai letto fino a qui, sei uno dei nostri!

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